Il giornale era
di colore rosso, nel mio immaginario; avvicinandomi all’edicola, vedevo già i
titoli, raccapriccianti, di orrore e violenza, di crudele disumanità.
Popoli uccisi,
perché troppo superiori. O pacifici, che è indice di superiorità; questo mondo,
penso, non accetta più che una persona sia felice.sia felice nell’apparente
miseria, felice di essere sul tetto del mondo, felice nonostante il freddo,
felice perché celebra la Natura.
Ci sono gli
interessi delle corporation, quelli non consumano, quindi non esistono; io mi
guardo e credo di appartenere anche io a coloro che sono gli artefici di tutto
ciò.Io piango per questo ma non mi muovo.Dove posso andare?
Chiudo il
giornale, gesto forse codardo o forse perché il rosso, il sangue e la
disperazione superano la mia soglia del dolore.
Mi soffermo a
guardare il traffico che scorre, e penso che la violenza è anche qui tra noi;
la gente in macchina si urla di tutto, insulti, e persino qualche pugno; la
gente ti guarda con diffidenza, per loro tu non sei nulla.solo una
scocciatura.Un ostacolo.Negli uffici, banche, ognuno cerca di non fare nulla,
di chiudersi, di non parlare.Di vagare altrove, con la testa.Di pensare alle
ferie, alla gentile concessione che ci vien data.Le ferie sono un atto di
schiavismo, qualcuno mi dice quanto tempo libero ho.Giorni e ore, minuti.Tutti
in guerra con tutti. Agosto, Luglio….terre di conquista, di status sociale.Non
importa se tutto fa schifo ad Agosto, il luogo più pacifico è la tua città. Non
c’è nessuno, puoi goderti calma e pace.Quella che ricerchi per mesi.Per una
vita.
Ho bisogno di un
caffè, cerco un bar che sia luminoso, non chiedo bello o altro..luminoso, ho
bisogno di vedere la luce su di me.Mi da sensazione di tepore e calma.
Entro nel bar,
una vetrina, ma da fuori sembra caldo e accogliente….entro, e ti vedo.E per la
prima volta dimentico tutto.
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